ARCHITETTURA FORTIFICATA​

Il castello è posto sulla punta più alta della collina per meglio sfruttarne la naturale predisposizione alla difesa: sebbene quasi totalmente privo di cinta muraria «è parte integrante dell’ambiente urbano e, con esso, costituisce una delle peculiarità del paesaggio». È molto probabile che il primitivo impianto fortificato debba attribuirsi ai Longobardi, perché Malvito è indicata come sede di gastaldi, che «svolgevano le funzioni amministrative oltre che quelli militari, nelle loro residenze fortificate che il più delle volte erano veri castelli». 

I Longobardi, infatti, proprio per le loro norme di vita e di amministrazione, favorirono la costruzione di castelli, particolar modo nelle zone inter- ne, scegliendo luoghi impervi sulle rocce per ragioni strategiche di difesa; accanto ai fattori naturali le difese però venivano ancora più accresciute con l’ingegno umano, ma la forma che il castello assumeva era determinata quasi sempre dalle condizioni topografiche del terreno su cui esso sorgeva e le asperità delle rocce condizionavano sempre l’impostazione planimetrica. Tale disposizione era conseguente all’ordinamento longobardo che portava i gastaldi a circondarsi di soldati e ad isolarsi in luoghi inaccessibili dove, alle difese naturali, aggiungevano quelle militari.

 Il castello divenne così l’elemento propulsore attorno al quale si radunarono i fuggiaschi delle pianure che diedero vita a quei borghi di cui Malvito ne è certamente un esempio. Ciò che resta comunque viene correntemente attribuito all’epoca normanna e cioè quando il Guiscardo sceso nella valle dell’Esaro conquistò Malvito con uno stratagemma. 

Con l’avvento degli Angioini il castello, probabilmente subì allora delle modifiche; Parco alla francese, posto all’ingresso del castello (ormai perso ma del quale abbiamo ricordo in una descrizione del 1775), dimostra la realizzazione di forme di quell’epoca. 

Non ci sono pervenuti accorgimenti tipici tali da supporre trasforma- zioni del periodo aragonese, anche se l’apprezzo del 1675 descrive il torrione centrale con meruli grandi dei quali esistono esempi in Castelnuovo di Napoli ed in Calabria a Le Castella. Va notato, infatti, che proprio con l’impiego delle artiglierie le alte torri risultavano pericolose ed inefficaci, per cui i merli medievali, vulnerabili per il tiro dei can- noni, vennero sostituiti dai merloni, forse, l’unico intervento dell’adeguamento, dettato dall’evoluzione quattrocentesca. 

Dell’importanza del castello di Malvito nel periodo svevo possiamo esserne certi perché nel 1197 fu oggetto di un violento scontro avvenuto tra cavalieri normanni e svevi, per la ribellione della nobiltà tedesca alla volontà della regina Costanza di riportare nel regno di Sicilia, quell’immagine normanna che le spettava e di cui ne era la diretta rappresentante. Proprio in virtù di questi avvenimenti il castello fu occupato da Federico Hohenstadt il quale lo aveva sottratto a Mauro de Mira nominato castellano dall’abate Goffredo di Montecassino quando il feudo di Malvito fu donato da Enrico VI all’abbazia benedettina.

 Agli ordini della Regina vennero alcuni nobili calabre- si capeggiati da Anfuso di Roto che in un primo tempo riuscirono a riconquistare l’architettura fortificata ma ben presto dovettero nuovamente capitolare per un inganno attuato dall’Hohensdat. 

Il castello originariamente aveva agli spigoli quattro torri, ma attualmente ne rimangono soltanto tre, di cui le due esposte a nord di forma cilindrica, mentre a sud quella quadrata, era circondato da tre lati da un fossato, ora del tutto appianato.

Punti di interesse

La Cisterna

La Torretta angolare

La Cappella

La Neviera